Oggi, 17 gennaio 2015, in piazza ci siamo anche noi.
Ci siamo con i contenuti che portiamo avanti da anni assieme alla rete di Attitudine NoExpo, ci siamo per samascherare le strategie di pinkwashing di Expo, ancor meno credibili quando lo stesso logo di Expo appare in calce ad un convegno omofobo targato regione Lombardia.
Expo è una macchina incubatrice di precarietà diffusa, sperimenta contratti lavorativi di sfruttamento assoluto e di “volontariato”, istituisce un dispositivo di controllo e normalizzazione delle nostre vite.
Expo è un gigante di cemento che si mangia intere aree extraurbane, che lascerà in eredità strutture fantasma abbandonate a sé stesse, che non avranno più valore per nessuno e dunque a nessuno interesseranno più.
Expo è un generatore di debito pubblico travestito da grande evento, sfruttamento mascherato da opportunità.
Non ci scandalizza la presenza del logo Expo assieme a quello della Regione Lombardia sulla presentazione di un convegno dal titolo “Difendere la famiglia per difendere la comunità”, un convegno che promuove la “famiglia naturale” come unica famiglia legittima, con un ospite d’eccezione come Mario Adinolfi, ex PD, autore del libroVoglio la mamma in cui contesta i “falsi miti di progresso” (aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, utero in affitto).
Piuttosto, ci fa inorridire la politica sulle donne che Expo sta portando avanti e che è perfettamente in linea con l’immagine di donna regina del focolare domestico e madre prima di tutto, depositaria di conoscenze legate al cibo, al nutrimento e alla capacità di “prendersi cura” (così recita il sito di Women for Expo), un’immagine che ci riporta ad epoche oscurantiste e di matrice indubbiamente patriarcale, sostenuta per esempio dalla giornalista Costanza Miriano, autrice di imperdibili testi come Sposati e sii sottomessa (e non è satira). In questo svilimento dei diritti delle donne e delle soggettività LGBTQ, gli unici segnali di apparente apertura sono dettati dall’interesse economico che sta dietro alla valorizzazione del turismo omosessuale, con un fallito progetto di Gay Street patrocinata da Comune di Milano ed Expo che, nel migliore degli stereotipi, avrebbe messo un’intera strada, “ripulita” dal degrado per l’occasione, a disposizione dei gay (ovviamente maschi) tanto attenti alla moda e allo shopping: un’ “area protetta”, in cui questi strani individui possano muoversi felici e alla quale il mondo possa guardare sorridendo con sollievo. Questo è pinkwashing : nessuna reale volontà di incidere sulla cultura delle libertà, libertà di essere chi e come si vuole, di costruire le famiglie che più ci piacciono e meglio ci fanno stare, di vivere la sessualità e la vita senza subire il giudizio di nessuno.
Oggi siamo in piazza anche noi con questi contenuti, con una forte critica al convegno, alla Regione Lombardia che lo organizza e lo ospita in una sala pubblica (e lo prende a modello per le sue politiche in materia di famiglia), ma anche con una forte opposizione a Expo e a quei partiti che si autoproclamano rappresentanti della società. Partiti che vediamo contemporaneamente presenti nei luoghi del potere e delle decisioni, nei consigli per Expo, nei convegni omofobi come pure nelle piazze che contestano quei convegni. Partiti che paralizzano la lotta con la loro ipocrita ubiquità anziché assumere delle posizioni chiare.
RETE MILANESE PER IL NOEXPO PRIDE SI RITROVERÀ SABATO 7 FEBBRAIO 2015 ALLE ORE 14.00
IN VIA MELCHIORRE GIOIA, DAVANTI AL PALAZZO DELLA REGIONE LOMBARDIA
DONNE, FROC* E QUEER
VERSO NOEXPO PRIDE 2015
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